martedì 21 febbraio 2012

Le parole chiave dell'animazione


Il 17 febbraio ho avuto l'occasione di incontrare un bel gruppo di adolescenti e giovani dell'Oratorio di Caionvico (BS) per parlare del tema dell'animazione. Per l'occasione ho pensato di recuperare sette parole chiave che possono diventare un punto di riflessione sul "fare animazione".


1. Il sogno.
Il sogno, l'idea e l'energia che ne scaturisce sono il primo segno dell'animazione. Ogni animatore e ogni gruppo di animazione porta con sé un grande sogno, un disegno tratteggiato all'orizzonte che guida e da segno ad ogni scelta ed ogni azioni. E' il sogno che guida un viaggio, un cambiamento. Pacth Adams ha un grande sogno che caratterizza ogni azioni che svolge nella sua attività di clown-terapia, non sono semplici gesti occasionali, ma segni di un disegno più ampio, di una strategia che tende a realizzare il sogno.

2. La velocità del tempo
L'animazione è coinvolgimento, passione, immersione. Nel momento che si realizza un evento di animazione il tempo "vola" passa veloce, ci si immerge in un'attività che fa perdere il senso del tempo. Questa è la sensazione collegata al divertimento, alla soddisfazione, al vivere un momento piacevole e pieno di energia. Quindi il tempo dell'animazione è un tempo percepito come veloce. L'animazione richiede anche un tempo lento, di riflessione, di preparazione, di valutazione che richiede impegno e dedizione.

3. Musica
L'animazione è musica ed è come la musica, fatta di regole e emozioni. E' uno spartito di attività organizzate con precisione e che nel loro svolgersi promuovono emozioni. Come ogni spartito, anche nell'animazione c'è lo spazio dell'interpretazione, la possibilità per ognuno di esprimere le proprie risorse e talenti all'interno di un disegno condiviso che sa porre limiti e obiettivi, ma anche occasioni di trasporto ed ebrezza.

4. Il metodo
L'animazione segue un metodo, non sequenziale, previsionale, strutturato, rigido. Il metodo dell'animazione ha una logica combinatoria (mette insieme un pluralità di aspetti), una logica di apertura (attenzione a tutto ciò che accade durate l'attività) e una logica di co-costruzione (non c'è animazione se non c'è un incontro con l'altro). Il metodo però non sono istruzioni per l'uso, richiede una coscienza intelligente capace di andare oltre agli steccati per creare ogni volta un "artefatto" nuovo.

5. La cassetta degli attrezzi
L'animazione impiega almeno quattro strumenti: la relazione, attraverso la quale si apre il contatto con l'altro e si costruisce un rapporto di fiducia; l'intenzionalità, che esprime la finalità alla quale si tende; la personalità, ci si gioca in prima persona senza paura assumendosi responsabilità e oneri; la progettazione, non si anima a caso, si segue un progetto, un percorso che delinea il futuro senza incastrarlo in schemi fissi.

6. L'animatore
Ci sono cinque azioni centrali per coloro che vogliono essere degli animatore educativi: sensibilizzare, accendere i sensi, ri-vitalizzare le persone; promuovere, muovere verso nuovi orizzonti, far esprimere nuove risorse; rendere partecipi, coinvolgere, far sentire l'altro protagonista; provocare, stupire, giocare con l'inatteso; trasforma, genera il cambiamento, co-costruisce nuovi significati.

7. Gli strumenti
Ad ogni animatore il suo strumento, ad ogni bambino la modalità migliore per esprimersi: narrazione, musica, teatro, giochi nuovi e tradizionali, pittura, costruzioni, sperimenti, bans, clown, ecc. Ci sono un'infinità di strumenti che si possono utilizzare durante l'animazione, per ognuno è necessario rispettare però tempi, metodi, regole, ruoli.

A questo elenco manca un'altra parola chiave ma che richiede uno spazio specifico, il gruppo. A questo tema sarà dedicato il prossimo incontro.


Per approfondire
P. Triani, Ipotesi sul metodo dell'animazione, in AA.VV., L'animazione socio-culturale, Gruppo Abele, Torino.
L. Cadei, Le radici pedagogiche dell'animazione educativa, Educatt, Brescia.
M. Pollo, Educazione come animazione, LDC, Torino.

martedì 7 febbraio 2012

Pratiche lavorative e formazione - 25 e 26 gennaio 2012



Il 25 e il 26 gennaio 2012 si è tenuto il secondo seminario di studi del gruppo SIPed "Pratiche lavorative e formazione" presso l'Università di Napoli Parthenope.
L'obiettivo del seminario è stato quello di attivare un confronto tra differenti unità di ricerca appartenenti a diverse università italiane sul tema delle pratiche lavorative. Il titolo del seminario era Le epistemologie delle pratiche professionali. Prospettive pedagogiche e si sono succeduti diversi interventi tesi alla presentazione di ricerche concluse o ancora in essere, rispetto all'analisi delle pratiche lavorative e del cambiamento/apprendimento nei luoghi di lavoro (workplace learning).

Insieme con i proff. Livia Cadei e Domenico Simeone (Università Cattolica) abbiamo presentato una ricerca sulle professioni educativa in rapporto alla definizione dell'identità professionale e il riconoscimento sociale. Il lavoro nasce da alcune questioni, relative all'identità professionale dell'educatore, emerse in un gruppo di lavoro internazionale di cui Livia e Domenico fanno parte.

Ciò che emerge sono delle immagini di ruolo in cui si identificano gli educatori: dal
carismatico al militante, dal burocrate al coach. Categorie che emergono dall'incrocio fra due variabili che descrivono atteggiamenti che vanno dal tecnicismo alla motivazione e dalla normalizzazione alla prevalenza dell'individualizzazione.

Questi quattro profili si inseriscono all'interno di tre sfide poste dall'attuale contesto:
a) il lavoro socio-educativo è sempre più complesso;
b) la fragilità del profilo professionale;
c) una pluralità dei percorsi di formazione.

Secondo il punto di vista di coloro che formano gli educatori si evidenziano due dinamiche di cambiamento delle pratiche di lavoro degli educatori:
1.storica: da un educatore tout court, idealista, socio-politico e militante ad un educatore specializzato, pragmatico, ad azione ristretta e privatistica.
2. personale: da un educatore fragile, dipendente da altre professionalità, che vive solitudine ma anche entusiasmo, ad un educatore con autonomia professionale, con sguardo sistemico, capace di lavoro in equipe.
Il percorso possibile dello sviluppo dell'epistemologia pratica degli educatori può essere rappresentata in questo modo:


Il nostro intervento si è concluso presentando una matrice in cui abbiamo messo in luce i punti di forza e di debolezza del percorso di sviluppo dell'identità professionale, integrati con le variabili a favore e contrarie dell'attuale contesto di lavoro.










Durante il seminario sono state presentate varie ricerche molto interessanti sia dal punto di vista contenutistico sia per l'approccio metodologico. Mi permetto di richiamare l'intervento di M. Striano (Napoli) relativo alla Continuità e cambiamento nei ruoli e nelle pratiche professionali delle donne emigrate nel contesto napoletano. Il lavoro è stato svolto con un gruppo di donne emigrate nel napoletano attraverso il metodo narrativo per comprendere ciò che interviene durante il processo di trasformazione della propria identità professionale, in particolare quando il passaggio è di natura up-down.
Molti ed interessanti sono stati gli interventi dei gruppi di lavoro, da quello Firenze, guidato dai proff. Fabbri e Rossi, a quello della prof. de Mennato (Napoli), nonché quello del prof. Pati (Cattolica di Brescia) e della prof. Pulvirenti (Catania).

Slide dell'intervento