mercoledì 30 settembre 2009


In questi giorni, mentre sto preparando le lezioni per le prossime settimane e qualche intervento di consulenza per un'organizzazione no profit, ho trovato molto interessante convergere tre contributi differenti. Il primo riprende il modello dell'Activity Theory di terza generazione proposto da Y. Engestrom connesso con un procedere dell'apprendimento secondo traiettorie che travalicano i confini (steccati?) esperienziali e professionali (boundery crossing). Il secondo rimanda al mondo socio-sanitario inglese con la proposta di care pathways, ovvero di percorsi, itinerari, traiettorie di cura condivise da un'équipe multidisciplinare e dall'utenza, in una logica di community (network). Infine, un'ulteriore sollecitazione emerge dalle riflessioni di L. Mortari sul tema della cura, intesa come un'attività pratica di promozione del benessere radicata nel sistema relazionale in cui vive la persona.
Mi piace intravedere fra i tre riferimenti un'idea di educazione e di apprendimento frutto della compartecipazione di vari protagonisti nella progettazione e nell'attuazione di un percorso, non sempre certo, flessibile e arricchito da una molteplicità di prospettive. Il progetto d'intervento diviene un artefatto simbolico, inteso come boundery object, frutto del confronto e della riflessione fra agli attori coinvolti, al fine di realizzare un'esperienza di vita nuova e fortemente radicata nel contesto.

1 commento:

  1. All'esame di pedogogia del lavoro, sostenuto almeno 6 anni orsono con la prof. Musi, avevo affrontato il libro "Aver cura della vita della mente" della Mortari. L'avevo trovato particolarmente interessante e mi ricordo ancora l'immagine della conchiglia sulla copertina. Mi è rimasto impresso come l'aver cura della vita della mente non venga intesa come una serie di azioni individuali e di ripiegamento su sè stessi, bensì un atto relazionale. Penso che le parole di Seneca siano illuminanti: "Cerca la compagnia di quelli che ti renderanno migliore!".

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